La mia tesi

… chiamiamo lingua volgare quella lingua che i bambini imparano ad usare da chi li circonda … senza bisogno di alcuna regola. Abbiamo poi un’altra lingua di secondo grado, che i Romani chiamarono “grammatica” … Di queste due lingue la più nobile è la volgare.. per il fatto che ci è naturale, mentre l’altra è, piuttosto, artificiale. Ed è di questa, la più nobile, che è nostro scopo trattare. Questa è dunque la nostra vera lingua primaria …”

 

Con queste parole Dante Alighieri nel suo De Vulgari Eloquentia,  tentò di dare una definizione del dialetto in Italia, sottolineandone l’ importanza per la cultura del nostro popolo.

La parola dialetto, è per i Greci una varietà linguistica a pari dignità rispetto alla parola lingua, e quest’idea di uguaglianza linguistica vale oggi come un principio indiscusso.

Nonostante nella scuola italiana si tenti di imporre l’uso corretto della lingua, condannando ogni forma dialettale, non mancano forme di recupero dei dialetti, come parte imprescindibile della nostra cultura.

Il napoletano è sicuramente l’idioma italico più esportato e conosciuto, nonché uno dei dialetti meglio documentati d’Italia. Il napoletano può essere considerato una delle maggiori espressioni artistiche della cultura occidentale, che diffonde in tutto il mondo la bellezza della sua parlata da più di un secolo.  Per tutte queste ragioni l’ Unesco lo ha riconosciuto come lingua, e non come dialetto. Alcune delle peculiarità di questa lingua sono: il rotacismo della – d, ossia il passaggio in –r  in molte parole, l’impiego del verbo avere laddove l’italiano richiede l’essere e l’aggettivo che  segue sempre il nome. Una regola molto comune e semplice da ricordare è la scomparsa delle vocali alla fine delle parole: molte parole in napoletano si formano infatti eliminando dalla corrispondente parola italiana l’ultima vocale, ovviamente non è sempre così semplice.

Accanto a questo stereotipo dialettale dell’Italia del sud, il nord ne presenta un altro: il milanese. I pronomi soggetto sono una delle principali caratteristiche di questo dialetto: non si dice “IO”, ma “mi”, non “tu” ma “ti” e così via. Un aspetto particolare di questo dialetto è poi l’impiego degli articoli, posti davanti ai nomi propri di persona.

Accanto alla lingua standard della città di Parigi, che Victor Hugo definì come un buon compromesso  “scelto dal popolo come via di mezzo tra l’eccesso di consonanti nel Nord, e l’eccesso di vocali nel Sud”, la Francia è un paese costellato di idiomi e dialetti, a cui spesso ci si riferisce con il termine “patois”, che sta ad indicare quel dialetto che non possiede o che ha perduto una letteratura scritta.

Lingua d’oc, lingua d’oil e francoprovenzale: queste furono le tre grandi famiglie linguistiche sviluppatesi in Francia sulla scia e l’eredità delle lingue romanze.

L’opposizione più grande è rappresentata come sempre dalle lingue del nord rispetto a quelle del sud. Il sopravvento è stato preso dalla lingua d’ oil mentre il sud è sempre rimasto molto più vicino ai dialetti. Ciò nonostante anche nel nord non mancano forme dialettali. Il Piccardo, Picard o Ch’ti come lo si voglia chiamare, ne è un esempio eclatante data la sua grande differenza con le altre lingue d’oil centrali.  Le parole ch’ti e ch’mi derivano dalle frasi ch’est ti e ch’est mi, versione piccarda del francese c’est toi? (sei tu?) e c’est moi (sono io). Un dialetto-lingua detto Ch’timi perché in quell’idioma la ‘s’ francese suona ‘ch’ e il ‘toi’ e ‘moi’ diventano ‘ti’ e ‘mi’.

Alcune differenze e caratteristiche di questo dialetto risiedono nell’ utilizzo di espressioni o parole del tutto differenti . “Biloute” appellativo molto frequente che compare in questa scena ha il significato di “petite quéquette”, usato nel linguaggio infantile, che potrebbe sembrare offensivo, ma l’utilizzo diffuso e affettuoso che se ne fa elimina ogni possibile sottinteso volgare. L’equivalente francese di questo termine potrebbe quindi essere un amichevole mon gars.

Tutte queste differenze possono ovviamente dar luogo ad incomprensioni …..

Ed infine la lingua del grande Shakespeare: a differenza dell’italiano e del francese in inglese con la parola “dialetto” ci si riferisce invece a una varietà locale della lingua standard. Parlando di dialetto, un’ inglese avrà in mente una varietà dello standard che può differenziarsi da esso per accento, qualche lessema o altre caratteristiche. Il fatto che l’inglese sia diventata una lingua internazionale e che viene parlata da molte persone non significa infatti che tutti lo parlano ugualmente. Se ci si volesse domandare quanti dialetti esistono in Inghilterra, la risposta sarebbe davvero difficile da dare, poiché non esiste una netta suddivisione delle aree dialettali in Inghilterra.

Ampio sarebbe il raggio delle varietà linguistiche inglesi esistenti, poiché dall’America all’Australia questa lingua fa letteralmente il giro del mondo, ma riprendendo la nostra linea di contrapposizione al fine di una differenziazione che rimanga all’interno dei confini dell’Inghilterra, possiamo affermare che i dialetti del Sud dell’Inghilterra sono più innovativi rispetto a quelli del nord. Altri dialetti ugualmente e forse anche maggiormente innovativi sono quelli dell’Inghilterra centro-orientale, che sono forse i meno conosciuti tra la popolazione inglese per via di stereotipi e pregiudizi. Tra questi dialetti dovremmo includere anche il Cockney, il tradizionale dialetto della classe lavoratrice di Londra.

Caratteristiche del Cockney:

–          Glottal stop

–         Frequente elisione dell’h

–         Intonazione più piatta rispetto alla RP

–          Alterazione di dittonghi

–          Rhyming slang ossia lo slang in rima.

 Riguardo l’ultimo punto, esso si diffuse intorno al 1850, quando la gente incomincio` a parlare in codice per confondere la polizia e i ficcanaso. Lo slang usa delle parole sostitutive, in genere due, come codice per un`altra parola, in genere la seconda fa la rima con la parola intesa. Ecco di seguito alcune delle espressioni più usate in Cockney.

– adam & eve: Espressione cockney usata per dire “believe”;

– china plate: Espressione cockney usata per dire “mate”;

– dog & bone, usata per dire “telephone”;

– Tea-Leaf , usata per dire “thief”.

E’ tempo ormai di considerare quindi i dialetti per quel che effettivamente sono: un prezioso patrimonio culturale che merita di essere salvaguardato, tramandato e valorizzato. “Una possibile  perdita dei dialetti costituisce senza dubbio una perdita di valori”.   E se vi starete domandando quale sarà il destino dei dialetti, vi basterà sapere che essi sono stati, sono, e probabilmente lo saranno ancora per molto tempo, “la chiave di volta che ci aiuta non di rado a capire da dove veniamo e quindi a darci un orientamento verso dove stiamo andando o vogliamo andare”. 

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